Il lavoro straordinario è disciplinato a livello nazionale dal D.L. 66/2003, all’articolo 5, il quale al comma 1 dispone che il ricorso a tale istituto deve essere “contenuto”.
Il comma 3 di tale articolo sancisce che in difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore, fermo restando il limite annuale di 250 ore di straordinario.
In alternativa il comma 4 afferma che il ricorso al lavoro straordinario è ammesso (sempre salvo disposizioni della contrattazione collettiva) in uno dei seguenti 3 casi, per i quali comunque necessita l’accordo tra datore di lavoro e lavoratore (Circ. Min. Lavoro e Politiche sociali n. 8/2005) e per i quali non vale il limite legale di ore annuali visto in precedenza:
- casi di eccezionali esigenze tecnico – produttive e di impossibilità di fronteggiarle attraverso l’assunzione di altri lavoratori;
- casi di forza maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero a un danno alle persone o alla produzione;
- eventi particolari, come mostre, fiere e manifestazioni collegate alla attività produttiva, nonché allestimento di prototipi, modelli o simili, predisposti per le stesse, preventivamente comunicati agli uffici competenti ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’articolo 2, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e in tempo utile alle rappresentanze sindacali aziendali.
In conclusione, in seguito a richiesta del datore di lavoro, gli unici casi in cui il lavoratore non è tenuto a svolgere attività lavorativa straordinaria sono:
- in caso di superamento delle 250 ore di straordinario nell’anno, se il Ccnl applicato non deroga al limite legale di ore di straordinario annuali (250). A tal proposito si sottolinea che gli straordinari svolti per le cause elencate al precedente paragrafo non sono computati ai fini del raggiungimento di detto limite (Circ. Min. Lavoro e Politiche sociali n. 8/2005);
- in caso il Contratto collettivo preveda una clausola che consideri volontaria la prestazione straordinaria;
- in ogni caso, qualora sussista un giustificato e comprovato motivo che impedisca la prestazione al lavoratore (Circ. Min. Lavoro e Politiche sociali n. 8/2005);
- nel caso in cui il potere del datore di lavoro non sia esercitato secondo correttezza e buona fede;
- nel caso in cui il lavoratore sia un lavoratore studente (art. 10, L. 300/1970).
La giurisprudenza non è univoca riguardo la legittimità del rifiuto opposto dal lavoratore alla prestazione straordinaria in difetto di disciplina collettiva, ma concorda nel ritenere sanzionabile disciplinarmente il comportamento del lavoratore che si rifiuti di svolgere determinate prestazioni richieste dal datore di lavoro, se questi ha esercitato il proprio potere direttivo con correttezza e buona fede.
SANZIONI
In mancanza di regolamento aziendale collegato al Contratto collettivo, il datore di lavoro potrà procedere al licenziamento quando impossibilitato a esercitare il proprio potere discrezionale e risulti perciò violato gravemente il principio essenziale di correttezza e buona fede tra le parti (1175 c.c.).
Dott. Roberto Barucca
Consulente del Lavoro Revisore Legale Tributarista